Io personalmente ho paura di cambiare.
Lavoro, abitudini, donne.
No donne no.
Ma non divaghiamo. Ho paura di cambiare dicevo, nonostante in vita mia abbia cambiato molto e nei modi più disparati. Ho cambiato più di una decina di aziende, ho fatto il consulente, il tecnico, il project manager, il fotografo, mancano solo il mago, l’agente segreto, il presentatore e l’astronauta.
Eppure questa paura rimane, a dispetto della tempra che ormai dovrei avere e nonostante io sappia che di solito, non solo non accade nulla di strano ma anzi, dal cambiamento spesso arrivano opportunità, miglioramenti, cose che non ti aspetti.
Questa resistenza rimane ed è frutto probabilmente di anni di condizionamenti, di famiglia, scuola, clero, media, KGB. Sì lo so che suona un po’ cospirazionista e reazionario ma non si spiega altrimenti.
La mia era una classica famiglia anni 70, genitori con la licenza elementare, mio padre camionista e metalmeccanico, mia madre operaia in un maglificio. Un bottiglione di vino al giorno, pasti con tre portate, la partita del pallone lui, lavoro e gestione di casa e famiglia lei, cucinare e rammendare. Le premesse per una carriera nel mondo della disco music non erano le migliori diciamo. Eppure e nonostante predicassero il contrario, anche loro hanno rischiato molto. Mia madre a un certo punto ha mollato per comprare una piccola cartoleria rischiando nuovamente per farla crescere.
Allora perchè a me non hanno insegnato a rischiare, a cambiare?
Quando si è trattato di fare scelte le loro indicazioni sono state sempre di stare sulla sponda sicura. La scuola, l’università ma ingegneria. Ma che musicista o negozio di strumenti! ecco diciamo pure che a un adolescente mancano magari alcuni strumenti per compiere scelte importanti in maniera saggia ma col senno di poi, dove portano le scelte sagge? Beh io direi che portano dove vanno tutti gli altri. Il problema è che spesso abbiamo una percezione sbagliata di dove sono gli altri. Anzi spesso abbiamo una percezione scorretta di chi SIANO gli altri. Gli altri non sono quello ricco e bello che vedi seduto a sorseggiare uno scotchs con la camicia aperta sul pelo, l’accendino d’oro anche se non fuma e l’omega speedmaster. Gli altri non stanno sul SUV da 80k che ti sorpassa sulla A7. O forse si ma hanno speso tutto per quello. Magari sono soli, poveri, malati, tristi, depressi, col cimurro o una qualunque combinazione di questi elementi.
Ma di nuovo divago, torniamo abbomba alla paura di cambiare.
Siamo condizionati insomma ed è un condizionamento talmente radicato che anche quando siamo in grado di aggirarlo, cambiando, resta lì a spaventarci, nonostante le evidenze ci dicano che non c’è nulla da temere. Ma fa molto di più! Mi rendo conto ogni giorno che coi piccoli mostri mi comporto esattamente come i miei si sono comportati con me. Gli insegno a stare “on the safe side”, a dispetto delle scelte che io stesso ho fatto!
Non fare la verticale che ti spezzi l’osso del collo, vai piano in bici, resta dove si tocca, troppo Youtube poi ti fanno male gli occhi, non guardare la De Filippi.
Cambiare significa uscire dalla propria zona di comfort. Maledetta. Ce lo dicono tutti, che bisogna uscire dalla nostra zona di comfort. Ma la domanda è: “Perchè?”
Perchè se ci si sta così bene bisogna uscirne? Perchè andare a cercarsi un ulteriore disagio, noi che viaggiamo in una vita già fatta di “trials e tribulations” per citare Andrew Lloyd Webber?
Ho letto più di una volta che (e se avessi una buona memoria potrei citare libri e fonti ma vi tocca fidarvi) si tratta di allenamento. Cioè un po’ come per sollevare pesi sempre più pesanti serve esercitarsi, anche per imparare a cambiare serve appunto, cambiare.
Ora, non è che uno per forza deve divorziare ogni 2 anni per poi gestire meglio una donna nuova a settimana. Hmmm… ora che ci penso c’è gente che ci riesce bene senza allenamento.
Ok, facciamo che ho preso l’esempio sbagliato. Parliamo di lavoro. Un fifone come me, uno che se mi sposti le graffette sulla scrivania ho un crollo emotivo (non che abbia delle graffette ma è per semplificare) è uno che non ha più paura di cambiare, soprattutto grazie al fatto che suo malgrado, vuoi aziende che falliscono, cessioni di rami d’azienda, responsabili inetti, opportunità a cui non potevi dire di no, ha cambiato un fantastiliardo di volte.
Ora, è facile dare delle ricette di vita quando la vita (un pezzo per lo meno) è già andata. Un po’ come i milionari che scrivono libri su come diventare milionari o quelli felici che ti dicono “Come essere felice”. A fascicoli settimanali. No, non funziona secondo me.
Diamo uno sguardo onesto quindi.
E’ andata sempre bene? Hmmm… mediamente si.
A volte come non mi aspettavo. O non come mi aspettavo, non so se hanno lo stesso significato le due cose.
Fatto sta che mediamente è sempre andata meglio.
Scelte sbagliate? Ne abbiamo fatte.
Sono servite? Tantissimo!
Sono servite a capire cosa non volevo e a tarare meglio le scelte successive.
Se resti fermo, se vedi e fai sempre le stesse cose, non puoi sapere se sei in paradiso o all’inferno. Ne ho di esempi di persone che sono rimaste per anni nella stessa azienda dicendo: “ma si, in fondo sto bene” salvo poi chiedersi perchè tutto quel tempo “sprecato” una volta visto quello che c’era fuori. Gente che ha preso l’orologio d’oro dopo 30 anni di azienda. Anzi, non usa più, un buono Amazon da 50€.
Va bene, questo posso capirlo, sempre per quanto detto sopra, ci hanno insegnato a non fare i “ribelli”, a stare al nostro posto. Quello che capisco meno è perchè questa forma di conservativismo masochista valga anche per chi contento della propria situazione non lo è. Ho ex colleghi che sono (e non scherzo) almeno 15 anni che si lamentano di dove lavorano eppure nulla fanno per cambiare. E non credo sia questione di possibilità o opportunità perchè è gente che vale venti volte quello che valgo io.
Insomma il succo di questo post senza senso è di non aver paura, non succede nulla.
Conosco gente con famiglia che ha lasciato un posto in banca per creare lampadari. Gente che cresce figli suonando alle feste della birra. Tizi che hanno portato la famiglia in Nuova Zelanda, che facevano gli attori qua e hanno aperto una pasticceria là. Che sono andati a Dublino a lavorare in Dell, Google, Amazon e ora si spostano a Seattle, qualcuno ha aperto la propria società di consulenza, altri fanno i soldi con il LEGO. Oppure hanno mollato un lavoro da manager nell’IT per fare il fotografo di matrimonio e poi tornare in azienda.
Stanno tutti bene, credetemi.
Tranne forse il tizio della fotografia che qualche turba la conserva.
Praticamente un post dove dici che non si deve aver paura di cambiare anche perchè tu lo hai fatto tante volte e ti è sempre andata bene.
Però parti dal presupposto che nonostante tutto anche tu sei ancora spaventato dai cambiamenti e per i tuoi figli, aa cui come ogni genitore auguri il meglio, insegni a stare “on the safe side”.
Non male. Anche perchè mi sento in pieno accordo con tutto quello che hai scritto quindi figurati come sto messo….
Comunque mi rimane un dubbio…. cosa ci faccio con il flash?
Buona vita