Uno arriva casa son la sua bella reflex nuova.
Ha deciso che j’ha preso il trip della fotografia (e chi è che non gli ha preso al giorno d’oggi?) e si è fiondato a comprarsi la fotocamera. Non è ancora arrivato a casa che già c’ha la scatola aperta sul sedile passeggero. C’ha la fregola che non vede l’ora di scattare.
Magari si ferma in una piazzola di sosta per estrarla dalla scatola ed inebriarsi del suono dell’otturatore e dopo un paio di scatti a contachilometri e scambisti in area di sosta ecco che arriva inesorabile la prima domanda del suo percorso da fotografo:
COSA
già, adesso che ha una reflex, cosa ci fotografa? Tipicamente comincia da quello che ha a disposizione. L’iter è più o meno sempre lo stesso ed è quindi tutta un’escalation di fiori, gatti, tramonti. Si ok, poi passa a sperimentare coi pomodori, nel fragole nel latte, le lattine di coca impilate e così via ma poco si muove da questo standard.
A questo punto o si è annoiato a sufficienza e compra una moto o una mountain bike in carbonio da tenere in salotto oppure passa alla domanda successiva che è:
COME
come fa a fare foto migliori? Una capisce che gli manca qualcosa e si chiede perché le foto che vede su Io Donna sono tanto meglio delle sue. Ecco che si da due risposte. Sbagliate. La prima lo porta a credere che sia colpa DELLA SUA REFLEX o comunque della sua strumentazione. Gli parte quindi la cosiddetta GAS (gear acquisition sindrome) e comincia a comprare roba. Che si rivela nel tempo inutilmente costosa visto che i risultati non cambiano. In questa fase è anche infoiato da megapixel e passa le nottate sui blog a confrontare centinaia e centinaia di crop 100% e angoli di foto alla ricerca di vignetting, ghosting, flare e purple fringing. Da questa fase ci si può riprendere nel tempo e con l’aiuto di uno bravo. La seconda risposta è: “E’ FATTO TUTTO IN POSTPRODUZIONE”. Qui di solito non se ne esce più e il nostro eroe si avventura in improbabili viaggi notturni di download di software di fotoritocco prima e di interminabili tutorial su youtube su maschere di contrasto, metodi di fusione dei livelli, correzione della pelle, scontorno.
I più accorti invece si danno la risposta corretta e capiscono che c’è molto da imparare in termini di tecnica e creatività.
Ecco che quindi comprano dei libri, si iscrivono ad un corso, seguono un workshop su DVD.
A questo punto le cose migliorano, le foto si fanno più significative, ci si diverte parecchio.
Ma ancora qualcosa manca… arrivare alla domanda giusta è però molto più raro. Si avverte che si potrebbe fare di più ma ci si rende conto che c’è ancora un abisso nei confronti di chi ammiriamo. Cos’è, talento? Può essere, senz’altro in tanti casi. Molta più pratica? Anche. Una buona scuola? Ma si.
Quello che fa la differenza è però porsi la domanda giusta:
PERCHE’
Perché scattiamo una foto. Quella precisa foto. Perchè la scattiamo in quel modo. Perchè in quel momento.
Sembra una scemata ma se vi fermate a riflettere un attimo, può fare la differenza.
Per me le cose sono cambiate parecchio quando ho fotografato il matrimonio di mia cognata. C’era tutta la famiglia, grandi e piccini.
E ad ogni scatto mi rendevo conto davvero cosa sarebbe stato bello avere, quale ricordo mi sarebbe piaciuto, che cosa avrebbe fatto piacere ai ragazzi.
Pensavo, bella una foto con tutti i nipotini oppure ecco sposa e sorella, che bella foto!
Vabbè, se lo dice uno scemo come me, sembra la solita vaccata. E allora magari fatevelo raccontare da uno che ci capisce di più:
Poi prego, fiori, gatti e tramonti!
from mai personal arcaiv, circa 2001: